LP518 . Girolamo esegeta dell’Ecclesiaste

Dopo un’introduzione generale all’esegesi patristica e al rapporto fra Girolamo e Origene, si analizzerà l’evoluzione della tecnica esegetica geronimiana in relazione al Commentario all’Ecclesiaste (CPL 583). Questo commento biblico, composto verso il 389, è il primo lavoro esegetico di Girolamo su un intero libro veterotestamentario. Egli stesso nel Praefatio afferma di non aver «seguito l’autorità di nessuno, ma traducendo dall’ebraico» di essersi «adattato il più possibile al testo abitualmente utilizzato dai Settanta traduttori, per lo meno in quei passi in cui non differivano molto dall’ebraico». Possiamo leggere fra le righe di questo testo il formarsi della figura autonoma di Girolamo come esegeta, che, poggiandosi sulla fedeltà al testo ebraico, assume una posizione critica verso quelli che erano stati i fondamenti della sua iniziazione al testo sacro, cioè le versioni greche e Origene (anche se nel testo citato non viene esplicitamente menzionato). Se nel prologo al commento all’Ecclesiaste Girolamo afferma di non aver seguito l’autorità di nessuno, in realtà dipende profondamente da Origene, come egli stesso ammette nell’ep. 84, 2. La nostra indagine intende far emergere le fonti utilizzate dal monaco di Betlemme per approntare la sua esegesi, che risulterà – come in altre composizioni geronimiane – un’opera eclettica, prevalentemente ispirata a Origene. Il testo del Qoelet, poi, con il suo tono ammonitore permette a Girolamo un’interpretazione moralmente utile senza staccarsi dalla lettera: potremo osservare la custodia costante dei due livelli interpretativi nel corso dell’intero commentario, ponendo in luce che il piano spirituale si riferisce sia al singolo individuo che alla Chiesa.

Bibliografia

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